"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."

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mercoledì 18 marzo 2015

Tangenti, voce del verbo Incalzare

Finora, a ogni scandalo, abbiamo sempre riconosciuto che Matteo Renzi e il suo governo non c’entravano, perché erano appena arrivati. Da ieri, con l’arresto di Ercole Incalza, non è più così. Il governo c’entra eccome. Il premier vede platealmente rottamata la sua presunta rottamazione e deve spiegare molte cose, al Parlamento e all’opinione pubblica. E il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi (Ncd) se ne deve andare alla svelta. Il fatto che non sia indagato non vuol dire nulla: per molto meno Renzi due anni fa, quando era ancora un aspirante segretario del Pd, chiese la testa di due ministri del governo Letta, Alfano e Cancellieri, che non erano indagati, ma certamente responsabili di condotte ritenute incompatibili con le loro funzioni (sequestro Shalabayeva e teleraccomandazioni alla figlia di Ligresti).
Lupi deve sloggiare o essere sloggiato non tanto per la storia dei presunti favori a suo figlio da parte di un costruttore arrestato, quanto soprattutto per aver confermato un anno fa e lasciato fino alla scadenza del mese scorso al suo posto di capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza, vecchia conoscenza di procure e tribunali. Né Lupi né Renzi possono dire che non sapevano: nel febbraio 2014, appena nacque il governo, e poi ancora a giugno con un editoriale di Marco Lillo (“O Incalza o Cantone”), il Fatto aveva incalzato – è il caso di dirlo – il governo a rimuovere quel soggetto poco raccomandabile per “820 mila ragioni”: tanti erano gli euro sganciati dall’architetto Zampolini (vedi alla voce Cricca) nel 2004 per pagare la casa a suo genero, a due passi da piazza del Popolo, bissando l’operazione Scajola. Solo che Scajola disse che la casa gliel’avevano comprata a sua insaputa. Per Incalza invece la lista degli insaputisti va allargata ai sette governi che gli hanno lasciato le mani in pasta. Ingaggiato da Lunardi (Berlusconi-2), Ercolino Sempreinpiedi fu cacciato da Di Pietro (Prodi-2), poi riesumato da Matteoli (Berlusconi-3) e lasciato lì tanto da Passera (Monti), quanto da Lupi (governi Letta e Renzi). E siccome un bel giorno andò finalmente in pensione, fu subito riciclato come consulente. Con l’aggravante che, quando nacque il governo Renzi, Incalza era stato appena indagato (avviso n. 15!) a Firenze per gli appalti truccati del Tav. Eppure fu subito rinnovato per un altro anno, con un concorso ad hoc. E quando i 5 Stelle ne chiesero conto alla Camera, Lupi si presentò a leggere una imbarazzante difesa scritta dal suo avvocato.
Quindi, per favore, questi tartufi che in men che non si dica votano la legge per farla pagare ai giudici mentre da due anni non riescono a votare l’anticorruzione (anzi, riescono a non votarla), ci risparmino almeno lo stupore. Oltreché ramificato e invincibile – almeno finché nessuno si deciderà a combatterla sul serio – la nostra Tangentopoli è anche ampiamente prevedibile: un piccolo mondo antico dove non c’è ricambio nemmeno fra i faccendieri, infatti s’incontrano sempre i soliti noti, già inquisiti ai tempi di Mani Pulite, poi reinquisiti negli anni 90 e 2000, tutti rimasti ai posti di combattimento. Non nonostante, ma in virtù dei loro trascorsi penali. Che, nel Paese di Sottosopra, fanno curriculum e sono indice di esperienza e affidabilità. Greganti, Frigerio e Grillo (Luigi) in Expo. Maltauro e Baita nel Mose. E ora Incalza, già balzato alle cronache giudiziarie nel 1996 per gli scandali ferroviari di Necci & Pacini Battaglia. Se poi qualcuno è proprio troppo vecchio per trafficare col girello e la flebo, o magari è passato a miglior vita, trasmette il background alla prole: nelle carte di Firenze, fra i comprimari non indagati, affiorano i nomi di Pasquale Trane, figlio del socialista pugliese Rocco, e Giovanni Li Calzi, figlio dell’ex assessore comunista milanese Epifanio. Fra gli indagati invece troneggia Vito Bonsignore, che non è il figlio dell’andreottiano condannato per tentata corruzione a Torino negli anni 90 e di nuovo pizzicato 10 anni fa nelle scalate dei furbetti del quartierino: è sempre lui, solo che ora è uno degli azionisti di maggioranza – come pure Incalza – di Ncd, prezioso alleato di Renzi, acronimo di Nuovo Centro Destra (per distinguerlo dal vecchio), accreditato dai giornaloni come la “nuova destra liberale ed europea”. E Antonio Bargone non è un parente dell’ex deputato Pci-Pds-Ds, dalemiano di ferro e sottosegretario ai Lavori pubblici di Prodi e D’Alema: è sempre lui, solo che s’è messo in proprio e presiede le autolinee Sat. Idem per altri coprotagonisti, anch’essi inquisiti, tipo Rocco Girlanda (ex deputato Pdl e sottosegretario di Letta), Stefano Saglia (ex deputato di An e del Pdl), Fedele Sanciu (ex senatore Pdl) e Alfredo Peri del Pd, assessore della giunta regionale dell’Emilia-Romagna guidata da Vasco Errani, poi caduta per la condanna del governatore per falso in atto pubblico. A prescindere dalle responsabilità penali, che sono personali e saranno vagliate dai giudici, finisce alla sbarra la banda larga dei soliti noti, che da 30 anni “fa il bello e il cattivo tempo” nella grande mangiatoia delle grandi opere: Prima e Seconda Repubblica, governi politici e tecnici, destra e centro e sinistra, rottamati e rottamatori.
L’unico leader che ebbe il coraggio di liberarsi di Incalza, Di Pietro, è anche l’unico espulso dal Parlamento: era incompatibile col sistema. Per anni ha proposto una legge semplice semplice: fuori dalle pubbliche funzioni i politici e gli amministratori condannati e fuori dalle gare pubbliche gl’imprenditori condannati. È quello che Renzi chiama “Daspo per i corrotti”, credendo di averlo inventato lui. Ma si guarda bene dal farlo. Ora forse è più chiaro perché.


Cari amici,
ancora una volta è dovuta intervenire la Magistratura per fermare ‘i soliti noti’ che la fanno da padroni con i nostri soldi. Questa volta è toccato (anzi è ‘ritoccato’) ad Ettore Incalza ed ai suoi compari.
Siccome molti potrebbero non ricordare chi è Ettore Incalza e che cosa accadeva ed accade ancora al Ministero delle Infrastrutture vi invito a leggere l’intervista che ho rilasciato ad Alessandro De Angelis per l’Huffington Post che potete anche leggere qui di seguito:
Tangenti su Tav ed Expo, intervista a Di Pietro: “Lupi si deve dimettere. Vi racconto io chi è Incalza”
Pubblicato: 16/03/2015 17:13 
 “Eccerto che in un paese normale Lupi si dovrebbe dimettere”. Il telefono di Tonino Di Pietro, quando c’è un’ordinanza, bolle. Perché la toga, in fondo, non se l’è mai tolta. Legge le carte, si informa, ha fiuto. E lo scandalo che coinvolge il ministro Lupi è grosso: “Si, però non farmi parlare di Rolex al figlio e vestiti a lui, che devo prima leggere bene le carte”. Ma la responsabilità politica del ministro, secondo l’ex pm, c’è già tutta. Scusi Di Pietro, Lupi poteva non sapere? Risposta: “Eh no, il ministro mica può dire: non sapevo nulla e facciamo finta che nulla sia successo. Un ministro che non si accorge di quello che è successo, ammesso che non se ne fosse accorto, ha già una responsabilità enorme”. Tanto che lui, Di Pietro, quando mise un piede al ministero delle Infrastrutture, la prima cosa che fece fu quella di allontanare Ercole Incalza.
Scusi Di Pietro, partiamo dall’inizio. Ci dice chi è davvero questo Incalza?
Incalza è un manager già in voga nella Prima Repubblica che, a partire dalla gestione del ministro Signorile, ha passato la sua attività professionale, nel bene o nel male, al ministero dapprima come dirigente e poi come consulente.
Nel bene o nel male. 
Io ho avuto modo di prendere atto della esistenza del personaggio Incalza all’epoca di Mani Pulite svolgendo indagini nei confronti di imprenditori che tra i tanti appalti con l’amministrazione dello Stato avevano anche ottenuto alcuni appalti per la progettazione ed esecuzione della Tav.
E che scoprì?
Successe che, nell’ambito delle attività investigative e in particolare di documentazione reperita a seguito di perquisizioni e sequestri, avevo avuto modo di individuare anche in Incalza un punto di riferimento per fatti la cui valutazione penale non poteva essere data da noi, poiché non competenti territorialmente. E quindi tutti gli atti furono trasmessi alla procura di Roma che “se ne occupò, e non se ne occupò”, tanto che vero che, se va su internet, vedrà una serie di indagini della procura di Perugia sui magistrati di Roma per valutare l’approfondimento delle indagini.
Sta dicendo che l’indagine su Incalza si perde nel porto delle nebbie di Roma?
Questo lo sta dicendo lei… E Perugia ha indagato. Quel che è certo è che, avendo preso atto della sua esistenza, arrivai al ministero nel 2006 con le idee chiare.
E che successe?
Aspetta che qua viene il bello. Succede che, quando divento ministro, andando al ministero trovo due novità. Primo: era stato creato un ufficio “strano” dal mio predecessore chiamata “struttura tecnica di missione” posto alle dirette dipendenze del ministro e al di fuori delle competenze dei provveditori alle opere pubbliche e della direzione generale del ministero. Una struttura col compito specifico di occuparsi delle grandi opere e grandi commesse. E la seconda è che la struttura era coordinata da Incalza.
Direbbe lei: “Capisci a me…”.
Bravo, e infatti hai già capito… Dunque, appena arrivai in ufficio alla luce dell’esperienza di Mani Pulite, feci due cose in via preventiva: la rotazione di tutti gli incarichi direttivi e quindi del provveditorato e della direzione generale. E la sostituzione di quelle realtà professionali che, al netto della posizione processuale, ritenni poco opportuno lasciare al loro posto. E i due personaggi erano Incalza (alla struttura di missione) e Angelo Balducci (come presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici). E qua ci vuole un altro “capisci a me…”.
Li tolse entrambi?
Sì. Incalza era un consulente esterno e venne allontanato dal ministero facilmente. Mentre Balducci era un dipendente e l’ho relegato a una funzione per cui egli stesso ha chiesto di essere assegnato fuori dal ministero e purtroppo non da Prodi, ripeto non da Prodi, ma dalla presidenza del Consiglio fu poi nominato commissario straordinario per la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali allo svolgimento dei mondiali di nuoto “Roma 2009″, su cui poi si aprì la famosa inchiesta.
Come si spiega che poi Incalza torna al ministero?
La morale della favola è: se Incalza da allora ad ora, al netto della gestione Di Pietro, può mantenere incarichi nonostante le vicende che gli sono accadute, significa che ha un giro di relazioni per cui, diciamo così, “spontaneamente o spintaneamente” non hanno potuto fare a meno di darglielo. È cioè a conoscenza di fatti, cose o circostanze, per cui chi avrebbe dovuto fare a meno di lui ha ritenuto di non poterlo fare.
Lupi compreso. Le leggo la dichiarazione del ministro su Incalza: “Era ed è una delle figure tecniche più autorevoli che il nostro paese abbia sia da un punto di vista dell’esperienza tecnica nazionale che della competenza internazionale, che gli è riconosciuta in tutti i livelli”.
Mi auguro che Lupi abbia fatto un’affermazione del genere un po’ perché non conosce il curriculum di Incalza un po’ perché non conosce il curriculum che serve per dirigere strutture del genere…
Battute a parte?
È evidente che c’è un problema di responsabilità oggettiva e politica di Lupi, perché rimettere allo stesso posto personaggi discussi e discutibili che hanno tante stagioni non può essere passato in cavalleria. In un paese normale le sue dimissioni si imporrebbero.
Lei dice: anche se non sapeva ha una responsabilità politica. 
Dando pure per presupposto che non sapesse nulla, proprio il fatto di non essere informato non può essere irrilevante.
Insomma, ai lavori pubblici c’erano i terminali di una cricca e Lupi non può dire: io non c’entro.
Mettiamola così. Io, quando arrivai, tolsi Incalza e ci misi l’ufficiale di polizia giudiziaria che avevo ai tempi di Mani Pulite e altri due sottoufficiali della finanza. Infatti in quei due anni scandali non ci sono stati.
E a Renzi che vuole dire?
Renzi dovrebbe decidersi tra i tanti decreti legge a farne uno di anti-corruzione. E soprattutto non condivido neanche la proposta con cui se ne è uscito ieri il mio amico Cantone secondo cui si dovrebbe riformare la Severino: prima combattiamo il crimine poi, magari, si parla di modificare le parte che riguarda chi è condannato in primo grado. Non mi pare sia questa l’urgenza.
- See more at: http://www.antoniodipietro.it/2015/03/tangenti-su-tav-ed-expo-vi-racconto-io-chi-e-incalza#sthash.vy9EX45t.dpuf
Cari amici,
ancora una volta è dovuta intervenire la Magistratura per fermare ‘i soliti noti’ che la fanno da padroni con i nostri soldi. Questa volta è toccato (anzi è ‘ritoccato’) ad Ettore Incalza ed ai suoi compari.
Siccome molti potrebbero non ricordare chi è Ettore Incalza e che cosa accadeva ed accade ancora al Ministero delle Infrastrutture vi invito a leggere l’intervista che ho rilasciato ad Alessandro De Angelis per l’Huffington Post che potete anche leggere qui di seguito:
Tangenti su Tav ed Expo, intervista a Di Pietro: “Lupi si deve dimettere. Vi racconto io chi è Incalza”
Pubblicato: 16/03/2015 17:13 
 “Eccerto che in un paese normale Lupi si dovrebbe dimettere”. Il telefono di Tonino Di Pietro, quando c’è un’ordinanza, bolle. Perché la toga, in fondo, non se l’è mai tolta. Legge le carte, si informa, ha fiuto. E lo scandalo che coinvolge il ministro Lupi è grosso: “Si, però non farmi parlare di Rolex al figlio e vestiti a lui, che devo prima leggere bene le carte”. Ma la responsabilità politica del ministro, secondo l’ex pm, c’è già tutta. Scusi Di Pietro, Lupi poteva non sapere? Risposta: “Eh no, il ministro mica può dire: non sapevo nulla e facciamo finta che nulla sia successo. Un ministro che non si accorge di quello che è successo, ammesso che non se ne fosse accorto, ha già una responsabilità enorme”. Tanto che lui, Di Pietro, quando mise un piede al ministero delle Infrastrutture, la prima cosa che fece fu quella di allontanare Ercole Incalza.
Scusi Di Pietro, partiamo dall’inizio. Ci dice chi è davvero questo Incalza?
Incalza è un manager già in voga nella Prima Repubblica che, a partire dalla gestione del ministro Signorile, ha passato la sua attività professionale, nel bene o nel male, al ministero dapprima come dirigente e poi come consulente.
Nel bene o nel male. 
Io ho avuto modo di prendere atto della esistenza del personaggio Incalza all’epoca di Mani Pulite svolgendo indagini nei confronti di imprenditori che tra i tanti appalti con l’amministrazione dello Stato avevano anche ottenuto alcuni appalti per la progettazione ed esecuzione della Tav.
E che scoprì?
Successe che, nell’ambito delle attività investigative e in particolare di documentazione reperita a seguito di perquisizioni e sequestri, avevo avuto modo di individuare anche in Incalza un punto di riferimento per fatti la cui valutazione penale non poteva essere data da noi, poiché non competenti territorialmente. E quindi tutti gli atti furono trasmessi alla procura di Roma che “se ne occupò, e non se ne occupò”, tanto che vero che, se va su internet, vedrà una serie di indagini della procura di Perugia sui magistrati di Roma per valutare l’approfondimento delle indagini.
Sta dicendo che l’indagine su Incalza si perde nel porto delle nebbie di Roma?
Questo lo sta dicendo lei… E Perugia ha indagato. Quel che è certo è che, avendo preso atto della sua esistenza, arrivai al ministero nel 2006 con le idee chiare.
E che successe?
Aspetta che qua viene il bello. Succede che, quando divento ministro, andando al ministero trovo due novità. Primo: era stato creato un ufficio “strano” dal mio predecessore chiamata “struttura tecnica di missione” posto alle dirette dipendenze del ministro e al di fuori delle competenze dei provveditori alle opere pubbliche e della direzione generale del ministero. Una struttura col compito specifico di occuparsi delle grandi opere e grandi commesse. E la seconda è che la struttura era coordinata da Incalza.
Direbbe lei: “Capisci a me…”.
Bravo, e infatti hai già capito… Dunque, appena arrivai in ufficio alla luce dell’esperienza di Mani Pulite, feci due cose in via preventiva: la rotazione di tutti gli incarichi direttivi e quindi del provveditorato e della direzione generale. E la sostituzione di quelle realtà professionali che, al netto della posizione processuale, ritenni poco opportuno lasciare al loro posto. E i due personaggi erano Incalza (alla struttura di missione) e Angelo Balducci (come presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici). E qua ci vuole un altro “capisci a me…”.
Li tolse entrambi?
Sì. Incalza era un consulente esterno e venne allontanato dal ministero facilmente. Mentre Balducci era un dipendente e l’ho relegato a una funzione per cui egli stesso ha chiesto di essere assegnato fuori dal ministero e purtroppo non da Prodi, ripeto non da Prodi, ma dalla presidenza del Consiglio fu poi nominato commissario straordinario per la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali allo svolgimento dei mondiali di nuoto “Roma 2009″, su cui poi si aprì la famosa inchiesta.
Come si spiega che poi Incalza torna al ministero?
La morale della favola è: se Incalza da allora ad ora, al netto della gestione Di Pietro, può mantenere incarichi nonostante le vicende che gli sono accadute, significa che ha un giro di relazioni per cui, diciamo così, “spontaneamente o spintaneamente” non hanno potuto fare a meno di darglielo. È cioè a conoscenza di fatti, cose o circostanze, per cui chi avrebbe dovuto fare a meno di lui ha ritenuto di non poterlo fare.
Lupi compreso. Le leggo la dichiarazione del ministro su Incalza: “Era ed è una delle figure tecniche più autorevoli che il nostro paese abbia sia da un punto di vista dell’esperienza tecnica nazionale che della competenza internazionale, che gli è riconosciuta in tutti i livelli”.
Mi auguro che Lupi abbia fatto un’affermazione del genere un po’ perché non conosce il curriculum di Incalza un po’ perché non conosce il curriculum che serve per dirigere strutture del genere…
Battute a parte?
È evidente che c’è un problema di responsabilità oggettiva e politica di Lupi, perché rimettere allo stesso posto personaggi discussi e discutibili che hanno tante stagioni non può essere passato in cavalleria. In un paese normale le sue dimissioni si imporrebbero.
Lei dice: anche se non sapeva ha una responsabilità politica. 
Dando pure per presupposto che non sapesse nulla, proprio il fatto di non essere informato non può essere irrilevante.
Insomma, ai lavori pubblici c’erano i terminali di una cricca e Lupi non può dire: io non c’entro.
Mettiamola così. Io, quando arrivai, tolsi Incalza e ci misi l’ufficiale di polizia giudiziaria che avevo ai tempi di Mani Pulite e altri due sottoufficiali della finanza. Infatti in quei due anni scandali non ci sono stati.
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Renzi dovrebbe decidersi tra i tanti decreti legge a farne uno di anti-corruzione. E soprattutto non condivido neanche la proposta con cui se ne è uscito ieri il mio amico Cantone secondo cui si dovrebbe riformare la Severino: prima combattiamo il crimine poi, magari, si parla di modificare le parte che riguarda chi è condannato in primo grado. Non mi pare sia questa l’urgenza.
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