"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."

Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).

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sabato 28 maggio 2011

Via Padova, Pisapia batte la paura dalla rivolta alle feste di quartiere

I destini dell'Italia si decidono a Milano e il destino di Milano si è già deciso in periferia, per esempio a via Padova. La casbah, il ghetto, il Bronx di Milano per le cronache. Nella realtà, un mondo in miniatura. Quattro chilometri, cinquecento negozi, cento più di corso Buenos Aires, 130 mila abitanti, ovvero un milanese su dieci, cinquanta comunità straniere da tutti i continenti. Durante i mondiali di calcio dell'estate scorsa, con le bandiere di ogni colore, sembrava d'essere a New York.

Una media città italiana che per un anno e mezzo, dopo la rivolta del febbraio 2010 in seguito all'assassinio di un ragazzo egiziano alla fermata dell'autobus 56, è diventata la capitale della paura, il laboratorio del rancore politico contro gli immigrati. Con Maroni che schierava l'esercito per strada, il vicesindaco della Moratti, Riccardo De Corato che firma per il coprifuoco, l'assessore al decoro urbano, Maurizio Cadeo, che arriva a far oscurare le luminarie natalizie con gli auguri in inglese, cinese e arabo. Non bastasse, in campagna elettorale, gli strateghi della destra aggiungono il carico da novanta della "grande moschea" ("Pisapia la farà qui, dove sennò?") e della "zingaropoli" di via Idro. Il risultato, la risposta dei cittadini spaventati? In un anno, dalle regionali del 2010 al primo turno delle comunali, nei nove seggi di via Padova la Lega perde un elettore su quattro, il centrosinistra balza avanti di dieci punti, Berlusconi e lo sceriffo De Corato franano nelle preferenze.

Una piccola rivoluzione, come nel resto di Milano. Ma qui, nel laboratorio della paura cittadino, ancora più inattesa. Il giorno dopo è partito un ciclopico scaricabarile. La Moratti se l'è presa con De Corato, impegnato a imprecare contro la Lega, che nel frattempo attribuiva tutte le colpe alla latitanza del sindaco e, massì, "all'estremismo del Pdl". "Perché di colpo - spiega Davide Boni presidente del consiglio regionale - quelli di Berlusconi, alla disperata caccia di voti, si son messi a fare i leghisti più leghisti di noi, con quelle trovate del piffero di smontare gli auguri di Natale".

In mancanza di meglio, alla fine la destra milanese s'è inventata un altro, formidabile spauracchio da affiancare alla magistratura di sinistra. Ed ecco, dopo le toghe rosse, le tonache rosse. Pericolosa categoria di preti sovversivi che spazia dal cardinal Tettamanzi allo storico parroco di via Padova, il settantacinquenne popolarissimo don Piero Cecchi. Passando s'intende per don Virginio Colmegna, il sindaco dei poveri che secondo i berluscones avrebbe trasformato la Casa della carità in fondo a via Padova, mirabile esempio di solidarietà e accoglienza, in un "covo di propaganda elettorale per Pisapia".

Una verità un po' più onesta la racconta uno dei tanti leghisti "smarronati", Alessandro Valsasina, presidente dell'associazione dei commercianti di "via Padova futura", fondata subito dopo la rivolta di febbraio, con la benedizione del Carroccio. "Premesso che non sono diventato di sinistra, tocca ammettere che Pisapia è partito dalle periferie. Qui passava ogni settimana e ascoltava tutti, mentre la Moratti l'abbiamo vista soltanto in tv a fare promesse". Cinque anni di promesse, il recupero del parco del Trotter, che era una promessa elettorale già ai tempi di Pillitteri, le piste ciclabili, i bellissimi progetti da archistar per il rilancio delle periferie, i poliziotti di quartiere, la lotta ai racket e così via, per cinque anni.

Ma nel terremoto elettorale delle periferie milanesi non ci sono soltanto gli errori degli strateghi della destra o l'abilità di un candidato della sinistra che finalmente mette il naso oltre la fatidica cerchia dei Navigli e per giunta è proprio di sinistra, non un prefetto, un industriale o un tardo imitatore dei leghisti con la fissa dei campi rom. La ribellione di via Padova alla paura ha radici più profonde, che rivelano il limite ultimo del berlusconismo. Quella presunzione di volere e potere cambiare la natura dei milanesi, degli italiani, oltre ogni limite, azzerando di colpo la storia. Prima o poi la storia di questa città, perfino di questa via, si sarebbe ribellata alla falsa immagine nello specchio. Gli anziani di via Padova ricordano ancora i partigiani in sfilata il 25 aprile e il corteo degli operai di Sesto che andavano quattro giorni dopo a piazzale Loreto, per vedere il cadavere di Mussolini.

Negli anni '50 e '60 via Padova era il ponte d'integrazione degli immigrati del Sud, la prima tappa dalle coree verso la conquista del benessere cittadino. Un passaggio che in altre città, Torino per esempio, non c'era, un luogo d'incontro e di solidarietà, una rete di associazioni, un quartiere vero, un fiore all'occhiello per i sindaci riformisti milanesi. Una periferia dove le scuole erano buone come quelle del centro, con le prime elementari montessoriane e il liceo di zona, il Carducci, che valeva come i più rinomati Berchet e Parini della borghesia; le librerie e i centri culturali e i circoli sportivi; perfino il cineforum dove vedevi Ferreri e Bunuel senza doverti travestire da intellettuale di sinistra come al mitico Obraz cinestudio; bei ristoranti e negozi, la gente in strada fino a notte.

Di tutto questo paesaggio della Milano più aperta e vitale, oggi è rimasto a via Padova soltanto il parco Trotter, una scuola modello per mille bambini, dei quali seicento di cognome straniero, la più multietnica d'Italia e uno dei luoghi d'infanzia più belli e verdi di Milano, l'unica a prevedere una fattoria didattica e una piscina fra gli alberi. Una magnifica istituzione pubblica che tira avanti grazie al sacrificio degli insegnanti, al volontarismo degli "Amici del Trotter", alla passione dei genitori che ridipingono le classi e riparano i cessi nel fine settimana. Qui gli impresari della paura hanno spedito le camionette dell'esercito a pattugliare le notti vuote. Pisapia e i suoi sono venuti invece in bicicletta e sono tornati con le ventotto pagine di progetto del parco da affidare all'architetto ed ex rivale Stefano Boeri. Fra una finzione di Bronx blindato e un progetto di parco giochi per bambini, forse non ci volevano tanti spin doctors per capire dove sarebbero andati i voti.

Curzio Maltese (La Repubblica - 28 maggio 2011)

venerdì 27 maggio 2011

Fuori dal mondo

Poi c'è quel ministro, noto commercialista, che va davanti alla Corte dei Conti riunita al gran completo (con contorno di politici, ufficiali, notabili e giornalisti) e rimanendo serio chiede: Alzi la mano chi tra di voi è povero.
E si dà pure la risposta.
Ovviamente, per spirito di casta, nessuno dei presenti si è sentito in dovere di alzarsi in piedi e lanciare in faccia al ministro una comoda scarpa allacciata.

Gorillik

giovedì 26 maggio 2011

L'inganno della democrazia





Intervista a Massimo Fini:


L'inganno della democrazia
Massimo Fini - Mi chiamo Massimo Fini, sono un giornalista e, adesso, più che altro, uno scrittore e sono un anti-modernista, ecco, questo è il succo del mio pensiero
Blog - Qual è la definizione di democrazia oggi?
Massimo Fini - Che cosa sia la democrazia non lo sa, in realtà, nessuno. Il povero Bobbio, che ci ha dedicato tutta la vita, praticamente, allo studio della democrazia... prima dà nove elementi che caratterizzano la democrazia, poi ne dà sei, poi ne dà tre... In realtà la democrazia rappresentativa non esiste, cioè non è la democraziaE' un sistema di oligarchie, di “poliarchie” le chiama Sartori che è uno studioso, pure, sinceramente democratico, cioè di aristocrazie mascherate che non hanno neanche diciamo l'equilibrium legis dell'aristocrazia storica, ma non ne hanno neanche gli obblighi. Ad esempio la difesa del territorio spettava alla nobiltà non al contadino, che continuava a lavorare sui suoi campi, ecco. Quindi, in realtà, è un'invenzione, è una truffa, nella sostanza, si è rivelata, al di là della buona volontà dei suoi Padri Fondatori, Stuart Mill piuttosto che Locke. Già Tocqueville aveva individuato che c'era qualcosa che non funzionava quindi io non credo alla democrazia rappresentativa, insomma. In modo brutale l'ho scritto quindi lo dico, è un modo sofisticato per metterlo nel culo alla gente, soprattutto alla povera gente, con il suo consenso. Comunque è un involucro... è l'involucro legittimante di qualcosa di molto più inquietante che è il modello di sviluppo occidentale, quello che stiamo vivendo, insomma, quello contro cui qualcuno di noi si batte, insomma.
Blog - Dove ci porterà questo modello di sviluppo?
Massimo Fini - Il modello di sviluppo non può che portarci alla catastrofe perché... (a parte che già gronda sangue da tutte le parti) è un modello che si basa sulle crescite esponenziali, che esistono in matematica ma non in natura, nel momento in cui non può più crescere, implode su se stesso. E non ci siamo più tanto lontani anche perché è un modello che è costretto ad aumentare di continuo la propria velocità, per sua dinamica interna, quindi stiamo andando sempre, sempre più veloci. A un certo punto andiamo a sbattere.
Blog - ... dichiarare una democrazia contraddicendola continuamente con i suoi comportamenti. Questa sfacciataggine, oggi, è prevalente in Italia rispetto a tutti i paesi occidentali?
Massimo Fini - È una cosa utile nel senso che l'Italia è sempre stata, in fondo, un paese-laboratorio. Qui nascono i mercanti, come classe sociale, a Firenze, nel Piacentino, che daranno, poi... saranno la pre-condizione della Rivoluzione Industriale. Qui nasce, nel '900 il fascismo che poi darà luogo ai fascismi europei. E', diciamo, interessante perché; a differenza delle altre democrazie, agendo in questo modo così spudorato, e violando, in modo così spudorato i sacri principi, smaschera che cos'è la democrazia realmente. Quindi, da questo punto di vista, ripeto, è interessante perché si svela, mentre nelle altre democrazie sono più, come si può dire? Più astuti, ... e la cosa è più nascosta... non so, penso agli Stati Uniti, penso alla Francia, penso a qualsiasi altra democrazia.
Blog - C'è un'alternativa alla democrazia rappresentativa?
Massimo Fini - Sì, ci sarebbe e c'è! Sarebbe la democrazia diretta che è esistita. La democrazia è esistita prima che si facesse il nome di democrazia ma la democrazia... nella... comunità di villaggio, l'Assemblea di Villaggio decide assolutamente tutto ciò che riguarda... è fatta dai Capi-Famiglia. Decide tutto ciò che riguarda il villaggio ma a ragion veduta perché decide sul suo, su cose che conosce molto bene. Quindi lo stesso Rousseau, appunto, quando immagina la democrazia diretta la immagina perché Ginevra, dove viveva allora, era una città di poche decine di migliaia di abitanti. Comunque la democrazia c'è stata prima di esistere ed è quella della Comunità di Villaggio. Democrazia diretta.
Questa democrazia del villaggio, che aveva funzionato benissimo, due anni prima della Rivoluzione Francese, sotto la spinta della Borghesia, sia per suoi interessi sia per questa sua smania di regolamentare tutto cambia le cose, cioè non è più l'Assemblea del Villaggio, che decide del villaggio, e sul suo territorio, ma delega alcuni rappresentanti e da lì inizia il disastro. E' ovvio che questo succede anche perché nel frattempo, si sono affermati gli Stati e gli Stati sono delle grandi entità e la democrazia diretta non riesce più a esplicitarsi.
Il neo feudalesimo e il bagno di sangue
Blog - Cosa ci sarà dopo il crollo del modello di sviluppo?
Massimo Fini - L'ipotesi più probabile è che succeda quello che successe... che succede in tutti i sistemi totalizzanti... che successe all'Impero Romano. L'Impero Romano aveva appena finito di conquistare tutto il mondo allora conosciuto che implose su se stesso e diede origine al Feudalesimo europeo. Quello che immaginano alcune correnti di pensiero è una sorta di... ed è l'ipotesi, diciamo, più felice... di Feudalesimo senza feudatari cioè di comunità che non hanno più un feudatario che è, comunque, in qualche modo, proprietario, controlla,ma è una comunità di pari, di uguali, in vari sensi perché per esempio la società medievale era organizzata in senso completamente diverso dalla nostra cioè ad ogni nucleo familiare, sia sulla terra sia nell'artigianato, ad ogni nucleo familiare doveva essere garantito lo spazio vitale.Se voi leggete le Disposizioni degli Statuti Artigianali ci sono delle cose per noi incomprensibili. Non puoi distogliere il cliente dal negozio del vicino... insomma non puoi fare concorrenza, proprio per questo motivo di fondo. E' una società che non è basata sulla competizione, non è particolarmente efficiente, su questo non c'è dubbio, ma è una società umana che ha resistito finché ha resistito il delicato sistema della comunità della terra, che non è il comunismo della terra, perché proprietà... ma sulla terra esistono tutta una serie di servitù comunali che vanno a favore della comunità intera. Tu puoi pascolare sul campo del vicino quando il raccolto è stato fatto... tu puoi pescare... prendi l'acqua... adesso il problema... stanno privatizzando anche l'acqua...
Blog - Se andiamo verso il Neo Feudalesimo l'Italia è praticamente, cementificata...E noi siamo ormai avviati ai 64-66 milioni... cosa succederà?
Massimo Fini -Succederà un bagno di sangue. E' inevitabile perché nel momento in cui crolla il sistema del denaro, la gente si rende conto che non può mangiare le città, che non può mangiare l'asfalto o bersi il petrolio e si rovescerà nelle campagne ma siccome le campagne non sono infinite ci sarà dell'altra gente che respingerà questi che arrivano, suppongo a colpi di forcone o di kalashnikov, quindi saranno... ma non succederà solo in Italia, succederà in tutto il mondo.
Attraverso un bagno di sangue, ripeto, a meno che per una qualche miracolosa intuizione non fermiamo il modello, non abbiamo il coraggio di fare alcuni passi indietro, senza tornare alle caverne ma alcuni passi indietro. Le correnti di pensiero americane che hanno pensato a questo, in sintesi, parlano di un ritorno graduale, limitato e ragionato a forme di auto-produzione e auto-consumo che passano, necessariamente, per il recupero della terra e la marginalizzazione dell'apparato industriale e finanziario, insomma. Questa è l'ipotesi riformista più credibile anche se, in realtà, siccome tutto si muove in senso opposto, in questo momento, pare utopica, insomma, ma ...d'altro canto noi dovremo prendere qualche suggestione perlomeno sia dalla società medievale sia dalla cultura, noi l'abbiamo alle spalle, e che abbiamo emarginato, perché troppo dolorosa, troppo tragica rispetto al famoso pensiero giudaico-cristiano, che è poi quello che abbiamo in testa. L'idea di progresso ci porta attraverso varie trasformazioni di tipo economico, al modello di sviluppo di oggi. Ma c'è la cultura greca... la cultura greca aveva profondo il senso del limite. Sul frontespizio dell'Oracolo di Delfi c'era scritto: “Mai niente di troppo” e tutta una serie di miti greci dicono questo che l'hybris, il delirio di onnipotenza dell'uomo provocherà l'invidia degli dei e, quindi, la punizione inevitabile. Io credo che, anche se temo che sia tardi che la prima cosa che dovremmo recuperare è il senso del limite che abbiamo abbondantemente sorpassato. Lo vediamo... la cosa più evidente è quella ecologica...

mercoledì 25 maggio 2011

Propaganda tossica

Sostiene Berlusconi: "Con la sinistra Milano diverrebbe una città islamica". O "diverrebbe Zingaropoli". O cadrebbe nelle mani violente dei centri sociali. O peggio ancora, senza più condizionale: "Sarà Stalingrado". La campagna del premier non potrebbe essere più tossica, menzognera. Ancora una volta, tenta la seduzione degli elettori immettendoli in una bolla d'inganni: non idilliaca stavolta ma cupa, sinistra. Nella sua retorica, idillio e fiele combaciano, l'insulto si fa incontinente. La bolla è chimerica anche quando non offre una vita al riparo da crisi e mutamenti (una sorta di Milano-2 allargata, tranquillizzata dal recinto che la protegge da incursioni straniere), perché il miraggio della vita in nero non è meno scollato dall'oggi.

Non ha rapporto con la crisi economica cominciata nel 2007, e dal premier sempre negata, né col disastro che colpisce ormai più generazioni - di ventenni, trentenni, perfino quarantenni - condannate a un precariato senza futuro in cui sperare. Non ha rapporto con quello che sta accadendo in tanti paesi, da Spagna a Islanda: l'onda di collera verso politici incapaci di dominare, spiegare, intuire quel che la stasi della crescita rende necessario nei paesi sviluppati: più competizione ma trasparente, più bisogno di veder riconosciuto il merito, più giustizia e dunque legalità. Gli indignados delle amministrative italiane, lo vedremo, hanno ritenuto che il Nuovo stesse in luoghi inesplorati della politica.

La chimera unita all'insulto ha come scopo quello di produrre allucinazioni, immagini distorte delle realtà vissute. È ancora peggio dell'illusione, perché l'allucinazione è una droga che ti mangia da dentro. I dizionari spiegano che è una percezione di sensazioni senza alcun oggetto esteriore che la faccia nascere. Chi è in preda all'allucinazione non vede il tempo scorrere o lo vede correre caoticamente, non è in grado di smascherare l'inganno che l'ha cattivato, e incattivito. Vive come il popolo imprigionato nei sotterranei del film di Kusturica: sulla superficie la terra è cambiata, il Muro è caduto. Underground, sottoterra, è sempre Stalin contro Hitler, e guerra fredda infinita. Il cattivato voterebbe perfino Jack lo Squartatore, se gli dicessero che in cambio non ci saranno Zingaropoli, centri sociali, Stalingrado.

Così nella propaganda di Berlusconi: nulla sulla superficie della terra conferma l'esistenza di orde di zingari che premono alle porte delle città con il coltello fra i denti, nulla fa pensare a Stalingrado (icona della seconda guerra mondiale e della guerra fredda), con le bandiere rosse sventolanti ovunque. Ma l'allucinato non se ne cura: sullo schermo vede proiettato non l'oggetto delle vere paure quotidiane ma una paura cosmica, così potente che oltrepassando la realtà cerca nemici fittizi per placarsi. Hai paura dell'inferno? chiede Berlusconi: non ci siamo che noi per tenerlo a bada, riscattarti, redimerti. Continua a spaventarti, perché lo spavento è la tua e quindi la mia forza. Solo noi, Uomini Nuovi, abbiamo la tenacia e la faccia di bronzo per sventare il caos. Hayek chiama tutto questo fatal conceit. È l'idea che "l'uomo sia capace di forgiare il mondo che gli sta intorno secondo i propri desideri". Accusava il comunismo, ma ogni ideologia monocratica si nutre della paura del diverso, è concezione fatale insidiata dall'errore.

Il fatto è che quelli che si presentano come Uomini Nuovi o non lo sono più, o non lo sono mai stati. Non lo è Berlusconi: affermando che Mani Pulite fu un atto sovversivo inteso a liquidare i partiti che avevano dato all'Italia benessere e progresso, si è dichiarato l'erede, se non la reincarnazione, del vecchio regime eroso da corruzione e patti mafiosi. La Lega è un caso diverso: quando nacquero le leghe, negli Anni 80, la novità c'era anche se colorata di populismo e razzismo d'altri tempi: vituperare Roma ladrona indicava desiderio di disfarsi delle partitocrazie rivelandone corruttele e doppi Stati.

Secondo la ricostruzione di Roberto Biorcio, professore di sociologia a Milano, la Lega contribuì in maniera decisiva non solo a Mani Pulite, ma al successo popolare delle inchieste giudiziarie (La rivincita del Nord, Laterza 2010). Accettare che si parli di quei magistrati e di quelli che oggi indagano su corruzione e mafia come di brigatisti, di un cancro, di gente antropologicamente diversa, è per la Lega un rinnegare se stessa. (Rinnegamento assente, invece, nella destra di Fini).
Progressivamente i leghisti si son trasformati in tutori di interessi particolari, bigotti, ostili al cambiamento, sia quando il nuovo si presenta come società non più omogenee, già multiculturali, sia quando si presenta come società della crisi, di giovani tagliati ormai fuori non solo dal lavoro ma anche dagli studi (2,1 milioni, secondo l'Istat). È quello che si fatica a capire, alla vigilia del ballottaggio di domenica prossima. Il Nuovo che berlusconiani e leghisti promettevano non ha dato risultati. Delle promesse non resta che una smorfia: altro non è la pernacchia di Bossi teletrasmessa lunedì. I votanti magari premieranno tale degenerazione ma credo che pochi lo faranno sperando alcunché.

Il primo turno ha mostrato quali possono essere i volti nuovi, dopo falsi inizi e tracolli della seconda Repubblica. Nuovi non solo rispetto a berlusconiani e leghisti, ma anche a una sinistra che per 17 anni ha sottovalutato l'anomalia di Berlusconi, legittimandone l'ascesa, il successo, l'intreccio (mai percepito davvero come conflitto) fra l'utile personale-aziendale e l'utile politico. Non è un caso che le novità appaiano nelle due città più inferme d'Italia: Milano e Napoli. Milano secolarmente allettata dall'estraneità al bene pubblico e allo Stato unitario. Napoli infiltrata dalla camorra, guastata da giunte di destra e di sinistra. L'appoggio dato per anni a Bassolino ha fatto un male incalcolabile al Pd, ed è grave che questi se ne sia accorto solo fra il primo e il secondo turno di queste elezioni.

Certo non sono ancora chiari, i programmi di Pisapia o De Magistris. Ancor meno lo erano quelli della Lega, nei primi Anni 90. Ma la rottura di continuità c'è, e assai meno equivoca di allora. Così come c'è rottura di continuità in Fini, che ha scelto di ricostruire una destra fondata sull'unità nazionale e la legalità. Quando Beppe Grillo dice che Pisapia e Moratti sono la stessa cosa è anch'egli parte del vecchio, pur respinto da tanti suoi elettori. Di un vecchio che trascura le mutazioni economiche nel loro insieme e non cerca la soluzioni adatte. Che tuona contro Marchionne senza provare a udirne gli argomenti, con la stessa foga con cui i sindacati difesero la vecchia Alitalia nel governo Prodi.

Il vecchio è un Paese malato non solo a causa di Berlusconi, ma di una classe dirigente che non affronta le cose come stanno, lavorando sull'armonizzazione tra necessità economiche, tutela dei diritti della persona, equità e legalità da resuscitare. Che non dice quel che andrebbe detto: una società che vuol guarire dovrà nascere dall'insieme di culture e religioni che ormai la compongono, e sentirsi responsabile di una gioventù minacciata, che la generazione del '68 ha sacrificato pur di attribuirsi buone pensioni. Se c'è una cosa che in Italia è mancata non è la concordia, ma un vero conflitto di generazioni. Ne aveva e ne ha bisogno, per non patire degli odierni ingiusti squilibri. Invece di un sano conflitto generazionale abbiamo avuto per quasi un ventennio il malsano, osceno conflitto d'interessi. E abbiamo, in fine corsa, la pernacchia di Bossi. L'appello del card. Bagnasco a destra e sinistra, perché smettano "risse inguardabili e noiose" e approvino il testamento biologico, è fuorviante. Un appello morale alla responsabilità non può sorvolare, oggi, sull'essenziale: la riscoperta del bene comune e della legalità, a Milano e Napoli.

Tre marce su Roma sono partite da Milano (Mussolini, Craxi, Berlusconi) e hanno portato o alla guerra o alla stasi. Forse è venuta l'ora di rompere la bolla, di capire che ripetere il passato è solo distruttivo. Non ha senso ripetere il '68, incurante della legalità e non ancora messo alla prova dall'immigrazione. Né ripetere il voto del '48, gridando al lupo comunista. Stalingrado è spettro del mondo di ieri, non di oggi. Del mondo che vive underground, convinto che nessun muro è ancora caduto.

Barbara Spinelli (La Repubblica - 25 maggio 2011)

sabato 14 maggio 2011

Il dopo Facebook è già iniziato

Gli studenti della mia classe, a Notre Dame University (Belmont, California), non hanno il computer. Quando devono andare su Internet o fare qualche ricerca, usano i computer dell’università. Gli studenti non comprano più computer, dicono che sono so 2010! (“così duemiladieci!”) che poi vorrebbe dire vecchi.
Non usano neppure Facebook, anzi non l’hanno mai usato, perché è un feticcio della mia generazione, e quindi non è “cool”, che poi vuol dire trendy. I miei studenti, come gli studenti di tante altre università americane, si stanno costruendo la loro internet personalizzata, fatta di applicazioni scaricate gratuitamente dall’Apple Store e messe in circolo e condivise con gli amici del cuore.
Una internet parallela, ça va sans dire, a quella universale, accessibile a tutti. Una internet personalizzata? Tu sei uno studente che spende, come nel caso dell’università dove insegno io, circa 50 mila dollari all’anno in tasse e libri. Vuoi essere sicuro di andare bene e laurearti in tempo. Puoi sederti di fronte a un Pc e andare al sito di Knewton. Lì ti attende una delle migliori piattaforme in circolazione per accertare il tuo apprendimento.
La piattaforma offre una serie di domande per aiutarti a verificare se hai capito quello che hai ascoltato in classe e studiato sui libri. È costruita su un algoritmo che “impara” man mano che immagazzina dati. Così, maggiore il numero di utenti, migliore l’algoritmo. Non solo: la piattaforma è anche in grado di adattarsi all’utente. Quindi, tutti accedono alla stessa tecnologia e la tecnologia adatta i risultati. Ma i miei studenti non usano Knewton. Preferiscono un’applicazione mobile (cioè che funziona solo su telefono o tablet) progettata da un cervello italiano in fuga a Los Angeles, Alberto Cecioni. La sua applicazione funziona come Knewton, ma in più permette un’istantanea personalizzazione dell’output. È come se tu godessi il vantaggio di un algoritmo personalizzato.
La verifica è di gran lunga più accurata e le possibilità di passare l’esame (che in America non si può ripetere) maggiori. Inoltre, l’applicazione mobile ti libera dalla schiavitù della stabilità. Questa internet parallela, o rete mobile, è infatti il risultato di un’equazione a tre incognite: la personalizzazione, la mobilità, e la famosa “Nuvola”, la Cloud Computing che trattiene i tuoi dati nella rete e ti lascia in mano un terminale dal quale puoi accedere a questi dati da qualsiasi parte del mondo tu sia. Questa rete non web-centrica ha preso il posto del Web 2.0 (Facebook, Twitter e gli altri social media) nel cuore e nei sogni di studenti, imprenditori e investitori di Silicon Valley.
Pensiamo allo shopping. Oggi lo shopping online può essere un’esperienza demoralizzante. Un catalogo di prodotti, qualche spiegazione, foto, anche video nei casi più fortunati. Ma la piattaforma mobile “social mall”, lanciata da Shirish Patel, un veterano del mobile di Palo Alto, permette di essere avvisati sul telefono quando ci si avvicina a un negozio che vende un paio di blu jeans che ci interessano. Possiamo mandare la foto del prodotto in vetrina ai nostri amici, riceverne il parere, confrontare il prezzo con quello di altri prodotti simili venduti nella zona, e magari anche comprare senza neppure entrare nel negozio. I blu jeans ci arriveranno a domicilio. “Shopkick” è un passo avanti: mette insieme tecnologia mobile e classica attività di vendita. Fondata da un altro imprenditore seriale, Cyriac Roeding, la piattaforma offre buoni sconto a chi si avvicina alle vetrine, cammina nei negozi, non necessariamente compra qualcosa. Se non compra, in cambio di cosa la persona riceve i buoni sconto? In cambio della tracciabilità.
Quando gira per il negozio, anche se non compra niente, il navigatore satellitare incluso nel telefonino traccia la sua posizione e trasmette importanti informazioni sui suoi gusti o sul suo approccio al layout del negozio. Shopkick raccoglie questi dati e li vende. A ben vedere, non è neppure una applicazione per lo shopping ma per il “food walking business”, espressione che vuol dire qualcosa come “business su chi cammina a piedi”.
Shopkick ha ricevuto un premio dal “Wall Street Journal” e 20 milioni di dollari da investitori importanti tra cui Kleiner Perkins, una delle società di venture capital più ricche (ha investito in Google), famose (tra i suoi soci c’è l’ex vice-presidente degli Stati Uniti, Al Gore), e potenti di Silicon Valley. Due anni fa ha messo in piedi un fondo (iFund) per finanziare le nuove tecnologie mobili. L’anno scorso ha raddoppiato la dotazione del fondo. L’interesse da parte degli investitori sembra inarrestabile. Si tratta di un business oggi da 10 miliardi di dollari, domani, cioè nel 2020, del doppio (fonte: Morgan Stanley).
La crescita è di 2 miliardi circa di dollari all’anno. La rete mobile avrà impatti sul mercato dell’hardware (tablet invece che Pc), software (Google o Apple invece che Microsoft), memorie e schermi. Intere industrie saranno messe a soqquadro: in primis, quelle dell’intrattenimento e dei giochi, ma anche la vendita al dettaglio, dell’istruzione e, sorpresa!, quello delle fotocopiatrici.

Enrico Beltramini (Il Fatto Quotidiano - 13 maggio 2011)


giovedì 12 maggio 2011

Più internet e invasione di app "Questa è rivoluzione mobile"

Digitiamo sempre più sms, chiamiamo di continuo e spendiamo molto più degli scorsi anni per collegaci alla rete con gli smartphone e scaricare le applicazioni. Il rapporto quasi simbiotico degli italiani con i cellulari non accenna a raffreddarsi, ma l'uso che facciamo di questo mezzo si sta evolvendo in fretta. A testimoniarlo sono gli ultimi numeri di uno studio realizzato dall'Osservatorio Mobile Internet della School of Management del Politecnico di Milano 1, che ha monitorato tutti i capitoli di spesa degli italiani quando si parla dell'uso del cellulare.

"Si è attivato un circolo virtuoso che ci induce a parlare di Mobile Revolution - spiega Andrea Rangone, Responsabile Osservatori ICT del Politecnico di Milano - Perché rivoluzionarie sono le peculiarità del mezzo che possono essere sfruttate, l'impatto che il Mobile avrà sul comportamento del consumatore e quello che avrà anche sulle imprese e sulle pubbliche amministrazioni".

Lo studio dell'Osservatorio fotografa un settore in rapida evoluzione, che nel suo complesso di connessioni, contenuti e pubblicità vale ormai 1.121 milioni di euro in un mercato, quello delle telecomunicazioni mobili. da oltre 20 miliardi e mezzo di euro. Le connessioni e i contenuti hanno registrato una crescita del 7% dopo lo stop dell'anno scorso. Ma dietro questa cifra ci sono settori in rapido declino e altri che fanno ormai la parte del leone e che nei prossimi tempi incideranno sempre più nel mercato. Si parte dalle connessioni da cellulare, cresciute del 27% in un solo anno e per le quali gli italiani spendono più di mezzo miliardo di euro. La diffusione di dispositivi sempre più "web-centrici" ha fatto bene soprattutto ai contratti flat, sottoscritti ormai da quasi 4 navigatori mobili su 10 e in crescita del 43% rispetto al 2009. Questa esplosione di nuove collegamenti porta a 11 milioni il numero degli italiani che va in rete dal cellulare, quasi la metà di coloro che si connettono dal pc di casa e dell'ufficio. Una connessione più breve e "ripetitiva" di quella tradizionale però, che dura in media mezz'ora al giorno e ripercorre sempre gli stessi siti.

L'altro grande settore in forte espansione non poteva che essere il mercato delle app: Appstore di Apple, Android market, Ovi Store di Nokia e GetJar sono solo alcuni dei più conosciuti "negozi" di programmi per cellulari, ma all'elenco si sono aggiunti di recente gli store degli operatori telefonici. Questo piccolo universo, che fino al 2008 attirava meno dell'1% della spesa per i contenuti mobili, ha registrato una crescita del 113% nell'ultimo anno e adesso vale il 9% della torta. Un valore però di gran lunga inferiore a quello generato dai contenuti "tradizionali" come le suonerie, i giochi e gli sms di dating che, suppure in calo da qualche anno, continuano ad attirare il 91% della spesa complessiva degli italiani.

"Nonostante il grande fermento di tutti gli attori del mercato per il boom degli smartphone venduti e delle Applicazioni sviluppate, le dinamiche di crescita si dimostrano forse più lente di quelle che qualcuno ipotizzava - commenta Filippo Renga, Responsabile della Ricerca Mobile Internet, Content & Apps - Si tratta di un mercato che necessita di tempo per trasformare gli enormi numeri riguardanti offerta e download in ricavi, sia pay che pubblicitari".

Le sfide dei prossimi anni, su cui sono puntati gli occhi di tutti gli osservatori, sono la diffusione della rete ultraveloce mobile nel paese, la sempre maggior penetrazione degli smartphone tra i consumatori (settore in cui l'Italia è già all'avanguardia), la battaglia trai diversi sistemi operativi mobili e il ruolo delle piattaforme di pagamento mobile. La rivoluzione è appena cominciata.

Mauro Munafò (La Repubblica - 11 maggio 2011)

mercoledì 11 maggio 2011

Berlusconi parla di Napoli ma pensa a Milano

Per sgretolare la sua ultima bordata di accuse basterebbero poche parole. Quelle dell’ultramoderato procuratore di Napoli, Giandomenico Lepore: “Nella nostra provincia non ci sono discariche, come potremmo chiuderle?“. Ma ormai non è con la logica che si può pensare di arginare Silvio Berlusconi. Inutile spiegare che, al contrario di quanto urlato dal premier, il capoluogo campano non è invaso dalla monnezza per colpa della magistratura. Inutile ricordare che l’unica discarica della regione in cui un giudice ha disposto un sequestro, quella di Chiaiano, è ancora aperta.

Berlusconi, intanto, ha deciso di rompere gli indugi. Vuole vincere le elezioni in modo da poter dire che tutto il Paese è con lui. L’impresa non è semplice. L’anziano presidente del Consiglio lo sa bene. Ma non è impossibile. Soprattutto perché, nelle sue continue uscite pubbliche, il Cavaliere ha più volte ripetuto che chi conquista Milano si prende tutto il piatto (“Il voto di Milano è fondamentale per dare sostegno e forza al governo del Paese” , ha detto al Palasharp). Ovviamente non è vero. Le amministrative non si giocano (solo) all’ombra della Madoninna. Ma non importa. Almeno questo punto Berlusconi lo ha già segnato. Nell’immaginario collettivo di buona parte del Paese davvero la battaglia è ormai esclusivamente quella che si combatte lungo i Navigli. Ora però il premier deve completare l’opera. Deve riuscire a far trionfare Letizia Moratti al primo turno.

Il sindaco uscente non è amato dai milanesi. Pure gli elettori di Pdl e Lega la considerano un primo cittadino mediocre. E alle critiche verso la Moratti si sommano quelle – fortissime anche nel centrosinistra – nei confronti di tutto il ceto politico. Per questo Berlusconi si è dato un obbiettivo apparentemente minimo. Utilizzare messaggi semplici (se le cose in Italia vanno male la responsabilità è delle toghe) in grado di spingere una parte dello zoccolo duro dei suoi ad andare ancora una volta a votare.

Visto che tutti prevedono un’alta astensione, Berlusconi pensa che recuperare poche decine di migliaia di voti possa essere sufficiente per far evitare alla Moratti il ballottaggio. Questa volta insomma il Cavaliere non punta ai grandi numeri. Tenta solo di far raggiungere a Milano al suo candidato, il 50 per cento più uno dei voti. E se per farlo sarà necessario rinunciare agli elettori moderati non importa. Quelli, intanto, non votano a sinistra.

Da questo punto di vista l’incognita è il cosiddetto terzo polo. Ma se il calcolo del Cavaliere è esatto, con la vittoria (per niente scontata) di Milano, Berlusconi incasserà pure un altro risultato. Potrà sostenere che il voto è stato una sorta di referendum sulle sue strampalate idee in materia di giustizia. E dal giorno dopo comincerà a muoversi in Parlamento come un rullo compressore.

La sua, insomma, è una scommessa. Non è detto che la vinca. Ma nemmeno che la perda. E questo tutti i cittadini lo devono avere ben presente.

Peter Gomez (Il Fatto quotidiano - 11 maggio 2011)


martedì 10 maggio 2011

L'altro volto di Wojtyla

Wojtyla è stato un uomo prima ancora che un Papa, per questo era, ed è, così amato. Ha commesso, come tutti, degli errori, anche importanti, alcuni forse non perdonabili. Ognuno può cercare la verità, se vuole, o astenersi e trasformarlo in una icona pop. Ferruccio Pinotti e Giacomo Galeazzi hanno ripercorso la storia politica di Giovanni Paolo II, da Marcinkus, allo scandalo della pedolifia, dalla guerra santa contro l'Unione Sovietica all'appoggio a Pinochet. Il ritratto ha più ombre che luci, a qualcuno potrà non piacere. La beatificazione e i "Santo subito" sono una coperta corta, forse era meglio aspettare.

Intervista a Ferruccio Pinotti, autore di Wojtyla Segreto

Wojtyla, Marcinkus, Calvi e lo IOR - Sono Ferruccio Pinotti, sono un giornalista d’inchiesta autore di numerosi libri di indagine su temi scomodi, come Comunione e Liberazione, la Lobby di Dio recentemente, Opus Dei segreta, L’Unto del Signore, cioè i rapporti tra Berlusconi e il Vaticano, Poteri Forti sul caso Calvi – Ambrosiano, Colletti Sporchi sul tema del riciclaggio e dei poteri criminali.
In questo libro io e il collega vaticanista de La Stampa di Torino Giacomo Galeazzi, affrontiamo alcuni nodi estremamente critici della beatificazione di Giovanni Paolo II.La prima domanda è quale sia il rapporto tra il pontificato di Giovanni Paolo II e l’attuale pontificato di Ratzinger. Si tratta di una successione molto stretta in quanto Ratzinger era stato identificato da Giovanni Paolo II come suo successore già durante la fase della malattia e il comune lavoro di distruzione della teologia di Liberazione in America Latina e di copertura della pedofilia ecclesiastica e degli scandali presenti in tutto il mondo. Ma Ratzinger è il continuatore della politica di Wojtyla anche per l’appoggio indiscriminato e quasi ossessivo a movimenti integralisti e reazionari come l’Opus Dei, Comunione e Liberazione, Neocatecumenali, Focolarini, Legionari di Cristo, che sono stati commissariati da Ratzinger per i pesanti abusi sessuali, ormai comprovati, però tuttavia non sono stati certamente cancellati dalla galassia dei movimenti vaticani più vicini al Pontefice.
La protezione di Wojtyla di un discusso personaggio come mons. Marcinkus affonda le sue radici molto tempo indietro, nel senso che è Wojtyla che nomina Marcinkus alla guida dello IOR, è Wojtyla che gli consente di accentrare un potere fortissimo nella gestione della potente e ricca banca vaticana, è Wojtyla che protegge Marcinkus in tutte le sue operazioni più sporche compiute con il banchiere piduista e massone Roberto Calvi.
Questo perché aveva delle finalità politiche in quanto lo IOR e Marcinkus dovevano essere le casseforti per finanziare le operazioni sporche del Vaticano, volute e avallate da Giovanni Paolo II, pensiamo ad esempio al finanziamento di Solidarnosc e dei movimenti anticomunisti in Polonia e in tutto l’Est europeo, pensiamo all’appoggio alle dittature sudamericane che contrastavano la teologia di Liberazione e qualsiasi movimento di rivolta. Quindi Wojtyla non ha esitato a servirsi di Marcinkus e di Calvi per compiere delle operazioni molto gravi, ad esempio gli atti del processo Calvi e la testimonianza del giudice Tescaroli che noi abbiamo raccolto dimostrano come persino denaro della mafia sia stato riciclato nel Banco Ambrosiano e di lì riversato nelle casse di Solidarnosc e del movimento polacco. Una vasta operazione che vedeva attorno a sé anche buona parte delle cancellerie occidentali, sicuramente quella americana. Noi abbiamo ricostruito in particolare il rapporto tra Zbigniew Brzezinski, il potentissimo polacco consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza Carter, ma anche molto ascoltato durante la presidenza Reagan che, d’intesa con Wojtyla, non solo ha creato le basi per il suo pontificato mobilitando l’episcopato americano durante il conclave che lo ha eletto, ma ha disegnato una strategia di distruzione dell’impero sovietico fondata proprio sulla religione. Quindi una offensiva ad Est attraverso la cattolica Polonia e Solidarnosc e un’offensiva a sud attraverso l’appoggio alla resistenza afgana dei mujahidin all’invasione sovietica, fenomeni che poi genereranno Al Qaeda.
Quindi Wojtyla non esita a servirsi cinicamente di Calvi e dell’Ambrosiano, a svuotarne le casse, noi abbiamo riproposto una testimonianza raccolta da me anni fa alla vedova di Roberto Calvi la quale ci diceva in via esclusiva che il marito si inginocchiò al Papa in un incontro riservato durante il quale il Papa gli disse “Se tu mi aiuterai in Solidarnosc sulla Polonia io ti affiderò le finanze vaticane”.
Quindi un uso assolutamente sconsiderato, cinico, che poi dopo vedrà una protezione attiva di Wojtyla nei confronti di Marcinkus quando esploderà il caso dell’Ambrosiano nel senso che il Vaticano si è sempre opposto alle richieste di estradizione di Marcinkus, anche solamente alla possibilità di interrogarlo sul clamoroso crack dell’Ambrosiano. Quindi questo dimostra la piena coscienza di Wojtyla.

La caduta dell'URSS e il terzo segreto di Fatima - A questo aspetto va anche assommato il fatto che un intimo amico del Papa, cioè mons. Padre Hnilica, un discusso vescovo cecoslovacco ordinato clandestinamente che creò la fondazione Pro Fratibus, cercò di versare 1,5 miliardi dello IOR a Carboni per impossessarsi delle carte segrete di Roberto Calvi che il banchiere portava con sé nella propria valigetta durante l’ultimo viaggio che lo condusse alla morte sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Quindi Wojtyla coltivava tutta una serie di amicizie particolari, pericolose, finalizzate alla sua strategia politica. Nel libro abbiamo elencato le ragioni per le quali secondo noi la beatificazione di Wojtyla è inopportuna o quanto meno discutibile. Il primo capitolo rientra nell’uso cinico di Marcinkus e di Calvi per l’operazione di finanziamento alla Polonia, il secondo capitolo è quello della distruzione della teologia della Liberazione attraverso la scomunica di sacerdoti impegnati nei movimenti diciamo di resistenza o comunque di emancipazione del popolo latinoamericano. Wojtyla mentre mons. Romero veniva ucciso dagli squadroni della morte non esitava a farsi ritrarre abbracciato a Pinochet sul balcone del Palazzo della Moneda. Il terzo capitolo è la copertura della pedofilia anche attraverso l’appoggio a Marcial Maciel, il padre fondatore dei Legionari di accusato di numerosi abusi, il quarto capitolo è l’appoggio ai movimenti integralisti come Opus Dei, Comunione e Liberazione, Legionari di Cristo, Focolarini, che ormai sono una vera e propria chiesa nella chiesa molto pericolose e attente agli affari.La vera natura del rapporto tra Wojtyla e Solidarnosc è quella di un appoggio geopolitico e strategico e finanziario assolutamente irrituale, cioè il Papa decide, d’intesa con l’amministrazione americana, con la cancelleria francese e con una serie di forze, di distruggere il comunismo attraverso la Polonia e l’uso di Solidarnosc. In questo processo lui fa pervenire giganteschi finanziamenti, aiuti logistici, aiuti in termini informativi e di intelligence, fa di tutto per aiutare la causa di Solidarnosc e per esercitare una fortissima pressione sul generale Jaruzelski che rimarrà avviluppato dalla strategia del Papa tesa a fare della Polonia il nucleo centrale del disfacimento dell’impero sovietico. Per fare questo Wojtyla utilizza tutti i mezzi, è un Papa machiavellico che fa suo il famoso motto “il fine giustifica i mezzi” e quindi non esita a servirsi di personaggi discutibili come Flavio Carboni, come l’ex agente del Sismi Francesco Pazienza che con noi ha ammesso di avere persino trasportato dei lingotti d’oro in Polonia nascosti in una Lada.Ecco quindi c’è tutta un’operazione geopolitica anche con il sostegno dei socialisti. Addirittura ci sono dei soldi e dei conti esteri di Craxi che finiscono alla causa polacca, con l’aiuto persino del network massonico internazionale, insomma si cerca in tutti i modi di distruggere il comune nemico dell’Occidente che è il comunismo.Spesso ci si è chiesti quale sia il rapporto tra Wojtyla e il terzo segreto di Fatima. Apparentemente il Vaticano ha finto di rivelarlo dicendo che sostanzialmente il terzo segreto di Fatima era l’attentato al Papa, poi diciamo finito tra virgolette bene nel senso che la protezione di Maria avrebbe evitato il peggio tanto che uno dei proiettili sparati contro Wojtyla venne incastonato nel diadema di Fatima. In realtà sembra trattarsi di una operazione puramente mediatica e che invece il terzo segreto di Fatima, stando a varie testimonianze, riguardi il disfacimento della Chiesa, le lotte contrapposte, l’avvicinarsi di una crisi morale della Chiesa che sembra proprio quello che sta succedendo perché la Chiesa divisa tra fazioni e gruppi di potere, massoni, Opus Dei, Comunione e Liberazione, Focolarini, sta diventando una Chiesa fatta di lobby, una Chiesa fatta di poteri sempre più attenta alla finanza, alla politica, coinvolta anche in scandali come quello recente della propaganda Fide, in affari sporchi. E di conseguenza il terzo segreto di Fatima sembra veramente riguardare questo più che non l’attentato al Papa.
Ferruccio Pinotti (Blog Beppe Grillo - 4 maggio 2011)

Passaparola: "Parlamentari all'asta"

Testo: Buongiorno a tutti, scusate, stavo cercando una cosa che mi serve per dare qualche dato sul costo dei nostri neosottosegretari, perché noi abbiamo il nuovo Ministro Romano, nuovi 9 sottosegretari, si annunciano altri nuovi Ministri e altri nuovi sottosegretari, diciamo che per dare plasticamente l’idea del tramonto, del tracollo del berlusconismo, c’è proprio questa immagine di un governo sempre più pletorico di poltrone che vengono inventate di giorno in giorno per, non dire per comprare, ma per remunerare quelli già comprati, quando si promettono posti a tutti, poi almeno qualcuno bisogna accontentarlo, altrimenti poi questi quando ci sono le votazioni sulle leggi ad personam, quelli non votano.

Governo fuorilegge - Dato che l’unico scopo di questo governo non è fare qualcosa, ma è restare in piedi, perché il giorno in cui il Presidente del Consiglio non fosse più Presidente del Consiglio, toccherebbe andare in Tribunale e probabilmente finirebbe in galera, allora voi capite per quale motivo questo governo deve stare in piedi purché sia anche su un piede solo, anche senza fare nulla, anche in surplace, qual è il costo?
Credo che gli elettori di centro-destra, quelli che avevano votato per Berlusconi abbindolati dalla promessa di tagliare i costi della politica, tagliare i costi della casta, abolire le province, fare il governo snello, non come il centro-sinistra che fece il governo iperpletorico di Prodi che per accontentare tutti sistemò addirittura intorno al tavolo 104 poltrone più la sua, adesso si stia domandando cosa sta succedendo, visto che oltre la metà di vita della legislatura, si aggiungono per il momento 9 e prossimamente, mi pare altre 14 poltrone.
Partiamo intanto dalla norma che regola la composizione del governo e che detta il massimo numero dei membri del governo, legge finanziaria 2008, N. 44, entrata in vigore il 24 dicembre 2007, Art. 1 comma 376, a partire dal governo successivo a quello in carica alla data di entrata nel 2008, a gennaio 2008, cosa succede a gennaio 2008? C’era ancora Prodi alla Presidenza del Consiglio fino a un mese o due dopo, dopodiché cascò, arrivò Berlusconi nel maggio 2008, quindi quello era il primo governo che doveva rispettare questa nuova norma, a partire dal governo successivo a quello in carica dalla data di entrata in vigore della presente legge, il numero dei Ministeri è stabilito dalle disposizioni di cui al Decreto, il numero totale dei componenti del governo a qualsiasi titolo, ivi compresi i Ministri senza portafoglio, Viceministri e sottosegretari non può essere superiore a 60 e la composizione del governo deve essere coerente con il principio stabilito dal secondo periodo del primo comma dell’Art. 51 della Costituzione.
Con i 9 nuovi arrivi tra i sottosegretari, siamo arrivati a 64, 4 più dei 60 previsti dalla legge, quindi siamo già fuori legge, ok? Dovrebbero cambiarla per fare posto a quei 4 in accesso e tanto più agli altri 10 o 14 che si annunciano per i prossimi giorni, ore, minuti.
Nel frattempo è intervenuto il Capo dello Stato per segnalare un altro problema, un problema talmente evidente che non l’aveva notato nessuno nelle opposizioni, talmente abituati a scannarsi tra di loro quelli del PD a parlare di Veltroni, cosa farà, Veltroni cosa farà Bersani, Enrico Letta, questo, quell’altro o a compilare mozioni sulla guerra in Libia talmente simili a quella del governo che il centro-destra gli ha fatto passare pure la loro di mozione, insieme a quella del terzo polo per cui l’unica che non è passata era quella contro i bombardamenti in Libia dell’Italia dei valori, quelli del PD si erano dimenticati di notare che il governo, dopo il giuramento del Ministro Romano e tanto più dopo il giuramento dei 9 sottosegretari nuovi, ha una maggioranza diversa da quella che gli aveva dato la fiducia quando nacque, il che non è di per sé uno scandalo, ma bisogna ufficializzare che c’è una nuova maggioranza, e bisogna sottoporla al voto di fiducia del Parlamento.
Obiezione: ma anche il centro-sinistra cambiò maggioranza all’interno della stessa legislatura senza andare alle urne, vero? Quando nel 1998, ottobre 1998 fu rovesciato il governo Prodi perché Rifondazione Comunista uscì dalla maggioranza e Prodi per un voto dovette dimettersi perché non aveva avuto la fiducia, non usava lui comprare voti dall’altra parte, si rifiutò persino di chiedere i voti a Cossiga che aveva una pattuglia di amici suoi e che aveva detto: se me li chiede glieli do, Prodi disse: o vivo o muoio con la maggioranza che mi ha eletto, né morì e il giorno dopo era già pronta la nuova maggioranza per sostenere il governo D’Alema, con l’afflusso nel centro-destra di personaggi eletti nel centro-destra, sulla cui moralità e coerenza personale ognuno può avere le idee che ha e che vuole, però ci fu comunque, dopo che D’Alema lesse la lista dei Ministri, in voto di fiducia e fu ufficializzato che la maggioranza di D’Alema non era più l’Ulivo più Rifondazione, ma era l’Ulivo defunto ormai, con l’innesto di mastelliani, cossighiani, buttiglioniani, la famosa Udr, poi diventata con l’uscita di Cossiga Udeur.
Questa volta invece cambiano la maggioranza in corsa, di nascosto, anche se tutti lo vedono e tutti lo sanno, senza passare per un voto del Parlamento e è proprio questo che ha segnalato, una volta tanto vigile, il Capo dello Stato, quando ha detto: il Presidente della Repubblica ha proceduto alla firma dei decreti di nomina di 9 sottosegretari di Stato, la cui scelta rientra, come noto, nell’esclusiva responsabilità del Presidente del Consiglio dei Ministri e qui ha ragione, perché i sottosegretari li sceglie il Premier, sono i Ministri che invece sono nominati dal Capo dello Stato su indicazione del Premier non vincolante, se il Capo dello Stato qualcuno non lo vuole fare Ministro, non lo fa Ministro e resta da capire perché ha fatto Ministro il Signor Romano, ne abbiamo già parlato, Saverio Romano indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione dalla Procura di Palermo, su cui Napolitano disse di avere preso informazioni presso la Magistratura, ma poi pur prendendone le distanze, lo nominò lo stesso.
Aggiunge Napolitano: rilevato che sono entrati a far parte del Governo esponenti di gruppi parlamentari diversi, rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche, spetta ai Presidenti delle camere e al Presidente del Consiglio, valutare le modalità con le quali investire il Parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il governo, eh già, bisognerebbe avvertirlo il Parlamento, abbiamo trasformato in un organismo pleonastico in un dopolavoro, in una bocciofila, bisognerebbe avvertire il Parlamento che il Governo a cui diede la fiducia nel maggio 2008 non è più lo stesso, è cambiato non solo perché hanno rimpastato alcuni personaggi, ma è cambiato perché non c’è più la componente finiana e di questo il Parlamento ha preso atto nella fiducia del 14 dicembre e è entrata una nuova componente, non solo nella maggioranza, ma nel governo, la componente dei cosiddetti responsabili, più altri.
Questi nuovi innesti sono di due tipi: persone che erano già state elette nel Pdl e poi si erano perse per la strada e adesso sono rientrate all’ovile e su queste nulla quaestio perché sono voltagabbana di andata e ritorno, però nel 2008 erano entrati in Parlamento con il Pdl. Poi ce ne sono altri che invece sono voltagabbana di sola andata, sono stati eletti all’opposizione e adesso sono entrati non solo in maggioranza, ma addirittura dentro il governo e sono questi che pongono il problema, chi sono? Sono: il Ministro Romano eletto nell’Udc, quindi all’opposizione, sul quale incredibilmente Napolitano non aveva sollevato obiezioni neanche di questo tipo, perché è con l’arrivo di Romano un mese fa che il governo cambia natura e ingloba un Ministro che era stato eletto nell’opposizione, nell’Udc di Casini e si presentava all’opposizione, ha perso le elezioni Casini nel 2008 e poi con 3 sottosegretari anche essi, anzi 4 sottosegretari anche essi eletti in partiti di opposizione e oggi passati alla maggioranza, anzi al governo e chi sono? Bruno Cesario, neosottosegretario all’economia, Aurelio Misiti neosottosegretario alle infrastrutture, Massimo Calearo, consigliere personale del Presidente del Consiglio per il commercio estero, Riccardo Villari sottosegretario ai beni culturali.
Cesario è stato letto nel PD, Misiti è stato eletto nell'Idv, Calearo è stato eletto nel PD, Villari è stato eletto nel PD, perché poi si parla sempre di Scilipoti come se i voltagabbana fossero tutti dell’Idv , ce ne sono razzi e Scilipoti, ma ci sono anche molto più numerosi quelli del PD che sono una ventina usciti dal PD e passati con la maggioranza, poi ci sono gli altri sottosegretari, la Polidori, Rosso, Melchiorre, Catone, Bellotti, Gentile che erano stati eletti nel Pdl o nella Lega, poi erano passati o con Fini o comunque nel gruppo misto e non votavano per il governo e poi sono rientrati all’ovile e su questi non c’è problema perché in Parlamento sono entrati dalla stessa parte in cui si trovano adesso, il problema lo creano invece 4 sottosegretari eletti nel centro-sinistra e il Ministro eletto nell’Udc .

Voltagabbana di ritorno - Prima di vedere quanto ci costano questi nuovi sottosegretari e a cosa servono e quali competenze hanno per ricoprire il ruolo che è stato loro affidato, vediamo un attimo chi sono questi nuovi sottosegretari, cerchiamo di capire anche perché, non si poteva fare a meno di nominarli a costo di arrivare a un ceffone del capo dello Stato che non è che ne dia molti, questa volta l’ha dato.Chi sono? Roberto Rosso, di quest’ultimo vi devo raccontare un episodietto che mi è capitato, Roberto Rosso è piemontese, sono torinese, lo conosco da quando nel 1992/1993 giovane democristiano della corrente Bonsignore andreottiana si pentì di questa sua appartenenza e fondò un movimento a Vercelli insieme a un altro ex democristiano, Radaelli, il movimento denominato Mani Pulite, cavalcavano l’onda dell’inchiesta Mani Pulite e chiedevano la moralizzazione della politica e del loro partito.
Rosso poi quando è arrivato Berlusconi si è schierato con Forza Italia subito, è entrato immediatamente in Parlamento con Forza Italia, li avevo conosciuti perché grazie alle denunce di un Consigliere comunale di Rifondazione Dario Roasio a Vercelli e dei due Rosso e Radaelli la Magistratura era riuscita praticamente a mettere in carcere l’intera Giunta Comunale, il pentapartito di Vercelli coinvolta in uno scandalo di tangenti intorno al business dei rifiuti, inceneritori e discariche. Presero la Giunta Comunale una notte, in blocco la portarono dentro, compreso il Sindaco Bodo socialista.
Il moralizzatore Rosso passa a Forza Italia e lì uno dice: va beh, si è fatto abbindolare, uno dei tanti, era la prima volta, pensava che Berlusconi fosse l’uomo che avanza, del resto Berlusconi cavalcava pure lui Mani Pulite nel 1994, c’è cascato una volta, vediamo, c’è cascato sempre da allora, gli è piaciuto così evidentemente, è rimasto in Forza Italia fino all’autunno scorso, essendo anche coordinatore regionale in Piemonte di Forza Italia e poi di quello che è diventata il Popolo delle libertà, la Casa delle libertà, le varie denominazioni. Nell’autunno scorso passa con Fini, dopo aver negato che avrebbe fatto il salto della quaglia con Fini, diventa responsabile coordinatore di Futuro e Libertà locale, ingelosendo la Siliquini che se ne torna dopo breve volgere di qualche settimana nel Pdl, Rosso un giorno, mi capita sull’aereo proprio nella poltroncina di fianco, quel giorno Il Corriere della Sera riportava un’indiscrezione secondo cui Rosso era pronto a tornare nel centro-destra, nella maggioranza cedendo così alle lusinghe di Dennis Verdini che è uno di quelli incaricati di reclutare, è il coordinatore del resto del Pdl, avendolo vicino gli ho fatto vedere Il Corriere della Sera e gli ho chiesto: è vero quello che scrive Il Corriere? E’ vero che stai tornando dall’altra parte? Lui inorridito mi guardò e mi disse: ma per chi mi hai preso? Ho una parola sola, sì è vero Verdini continua a telefonare, ma io lo mando a stendere.
Bene, il mattino dopo Rosso annunciava il ritorno nel Pdl. La settimana dopo l’ho incontrato di nuovo sullo stesso aereo, è l’aereo del martedì, quello che prendono molti parlamentari torinesi per andare a Roma, e lui dato che avevo scritto questa storia su Il Fatto mi dice: certo che mi hai trattato male su Il Fatto, gli ho risposto: ma come ti dovevo trattare? Ma con quale faccia vai in giro? Ma con quale faccia parli con gli elettori? Ma non ti dice mai niente nessuno? La tragedia è che a questi non gli dice mai niente nessuno perché non hanno elettori, non ho elettori perché sono cooptati da quei 4, o 5 segretari di partito che fanno le liste e decidono loro a nostra insaputa chi viene eletto e chi no, ma questo lo sappiamo e quindi è inutile ripeterlo. Sapete con quale motivazione Rosso ha annunciato che tornava da Berlusconi? Una crisi di coscienza, la seconda in 3 mesi perché dice: Fini è un laicista, un anticlericale, avete mai sentito Fini attaccare la religione, il clero? Io mai, Fini è un laicista e io sono il pronipote di Don Bosco e quindi pensando a San Giovanni Bosco io non posso rimanere in quella terra di senza Dio che è Futuro e Libertà e sono tornato nel partito che invece secondo lui Don Bosco avrebbe preferito, e cioè il partito del Bunga, Bunga!
Voi capite perché sarebbe opportuno ripristinare possibilità degli elettori di scegliere, perché se hai scelto un tuo rappresentante e poi leggi che gli è apparso Don Bosco e perché non gli era apparto quando c’era andato in Futuro e Libertà? Visto che era già nota la posizione di Fini per esempio sulla fecondazione assistita o su altri temi, che gli è apparso soltanto per giustificare il ritorno all’ovile, naturalmente Don Bosco è completamente ignaro di tutto mi immagino, penso che laddove si trova abbia cose più interessanti da fare che non di occuparsi di questo personaggino.
Però per dirvi con quale faccia tosta, ti mentono anche gratis perché se la sera prima mi dice che non è vero e il mattino dopo passi dall’altra parte, poi alla fine con quale faccia mi rivolgi la parola, la settimana successiva quando mi rincontri in aereo e ti lamenti pure! Ogni volta che incontro Rosso in aereo, di settimana in settimana sta sempre in un partito diverso da quello della settimana precedente! Cambiano un partito alla settimana, naturalmente la crisi di coscienza è stata ricompensata con un posto di sottosegretario, che prima non aveva!
Segno evidente che mollare Berlusconi e poi tornare indietro conviene, perché? Perché così ti comprano, così ti ricomprano, se stai sempre con lui, non se ne accorgono neanche che esisti, se invece te ne vai per farti ricomprare, allora poi se ne accorgono che esisti! Così la fedeltà, la coerenza e la fiducia diventano un disvalore, un handicap, viene premiato il tradimento, il doppio tradimento, perché lui per agguantare un posto di sottosegretario ha dovuto tradire prima il suo partito e poi il partito nel quale era andato, il partito di Fini.
Adesso si occupa di agricoltura, spiegherò a Berlusconi che il mio è un passaggio irrevocabile aveva detto, quando era passato a Futuro e Libertà, irrevocabile un par di palle si direbbe volgarmente! Infatti lo ha revocato.
Sottosegretario all’agricoltura cosa capisca di agricoltura questo signore lo sa solo lui, nel 2005 aveva fatto il sottosegretario al lavoro, secondo sottosegretario, partiamo da quelli che sono stati comunque eletti nel centro-destra e ci sono ritornati con varie evoluzioni arabescate: Luca Bellotti, era passato a Fini, eletto con il Pdl era passato a Futuro e Libertà, aveva votato contro la fiducia al governo Berlusconi il 14 dicembre, se dipendeva da lui il governo cadeva e adesso non solo vota a favore del governo, ci mancherebbe, ne fa parte, ma ne fa parte.
Quando è rientrato in febbraio dopo la breve fitina in Futuro e Libertà aveva detto: sarei ottimo un’agricoltura, parla la mia storia personale, invece purtroppo all’agricoltura ci hanno messo Romano e Roberto Rosso e quindi lui è andato al Welfare, al lavoro, dove era sottosegretario Rosso l’altra volta, forse si sono sbagliati, forse se mettevano Bellotti che voleva andare all’agricoltura, all’agricoltura e Rosso che era già stato al lavoro, al lavoro, magari mettevano due persone che qualcosa ne capivano, invece no, quello che voleva andare all’agricoltura è andato al lavoro e quello che stava al lavoro è andato all’agricoltura, tanto che gli frega a loro del lavoro e dell’agricoltura? Saranno mica dei problemi? Sono dei posti. Daniela Melchiorre procace ex magistrato che fece, credo, l’uditorato alla Procura di Milano, saltò fuori all’improvviso nel 2006 quando nacque il Governo Prodi e bisognava trovare un sottosegretario in quota Dini e era rimasta solo la giustizia, quindi saltò fuori questa Signora, mai sentita prima naturalmente in politica, che andrò a fare il sottosegretario alla giustizia del Ministro Mastella, poi naturalmente i diniani passarono con il Pdl e quindi contribuirono a rovesciare il Governo Prodi nel gennaio – febbraio 2008, fecero l’alleanza con il Pdl, ma poi non ebbero soddisfazione, Dini non diventò Ministro, i diniani fecero un po’ gli sdegnosi e passarono al gruppo Misto.
Poi la Signora è passata al Terzo Polo insieme a Fini, Casini e Rutelli e poi con un grande giro di valzer è tornata al Pdl, naturalmente ha dovuto dare prova di ritrovata fedeltà, entusiasmo, ha dovuto votare a favore del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro il Tribunale di Milano che si è rifiutato di passare il caso Ruby al Tribunale dei Ministri, ha votato cioè la famosa mozione ?Paniz? in cui c’è scritto che Berlusconi era veramente convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak , il che votato da un ex magistrato la dice lunga e così – magistrato militare – la Signora Melchiorre ha agguantato un sottosegretariato nel terzo governo Berlusconi.
Dato che fa, come unico mestiere noto, prima di entrare in politica era magistrato militare, dove l’hanno messa, alla giustizia? Assolutamente no, l’hanno messo allo sviluppo economico, cosa capisca di sviluppo economico un ex magistrato militare lo sa solo lei, naturalmente anche lei aveva pronunciato una frase memorabile quando a sabato si era ipotizzato che i diniani tornassero all’ovile berlusconiano lei aveva dichiarato “non c’è nulla di vero su un nostro arruolamento nel gruppo, sono indiscrezioni infondate”.

Non solo Scilipoti - Katia Polidori, umbra, era passata dal Pdl a Fini perché aveva detto “ho scelto Fini per riconoscenza, ma è stata una decisione difficile, dilaniante” infatti era stata talmente dilaniata che aveva firmato la mozione di sfiducia dei finiani contro il governo Berlusconi il 2 dicembre a 2 settimane dal voto di fiducia aveva dichiarato “il gruppo di Futuro e Libertà è compatto, nessun bisogno di chiarimento con Fini” poi il 14 dicembre a un pelo dalla votazione, votò contro la mozione di sfiducia e se ne vantò “ho salvato il governo perché il paese ha bisogno di stabilità”.Fu subito visitata da un meraviglioso inviato di Signorini, ottenne un bellissimo servizio su Chi in cui veniva dipinta come una specie di genio della politica, bionda solare, occhi azzurri, aria da fatina buona, Katia in realtà è un caterpillar, è imparentata, anche se lei ogni tanto dice che è solo un omonimia, con il Polidori N. 1 del Cepu che ha ottenuto praticamente il riconoscimento di università, il Cepu da questo Governo e dove l’hanno messa la Signora Polidori? L’hanno messa anche lei allo sviluppo economico, sviluppano tutti l’economia, Melchiorre e Polidori, due sviluppatrici economiche al prezzo di una!
Frase celebre “sono in Futuro e Libertà perché è un movimento unito” per me non ci saranno mai problemi! Infatti è tornata al Pdl è diventata sottosegretario.
Giampiero Catone, è stato eletto nel Pdl, era un democristiano, poi era diventato una specie di braccio destro di Buttiglione, quest’ultimo si giocò il ruolo di commissario europeo, di Ministro dell’Unione Europea qualche anno fa non solo perché andò in Europa a fare una tirata tremenda contro i gay e le donne, ma anche perché si era portato come suo capo di gabinetto Catone e qualche tempo prima era finito in galera per truffa, ha avuto diversi processi, lui dice di esserne uscito sempre assolto, ho letto che c’è stata qualche prescrizione, qualcosa è ancora in corso, comunque non è questo il problema, figurarsi, con il lombrosario che abbiamo, anche se fosse ancora inquisito o imputato uno più o uno meno non è questo il problema.
Catone l’anno scorso lascia il Pdl, passa a Fini e Fini un’altra volta ci penserà prima di imbarcare di tutto senza mettere filtri, ma al momento di firmare la mozione di sfiducia lui non la firma, non la firma, vota la fiducia a Berlusconi e torna nel centro-destra, frase celebre “ho le confraternite – lui è molto legato a ambienti cattolici, anzi vaticani e ecclesiastici – 300 amministratori e 40 mila elettori, Fini deve dirmi se li vuole” lui quando si muove, si muove con il camper, con dentro dice: 40 mila elettori, confraternite e 300 amministratori, figuratevi se ha 40 mila elettori, ovviamente questa è gente che non è mai stata eletta dal popolo, è sempre stata nominata da segretari di partito e portata, cooptata… comunque anche se fosse vero che ha questo camper con 40 mila elettori dentro più che confraternite, il camper ha fatto inversione ad U e è tornato al Pdl e lui nel camper ci ha messo il sottosegretariato, a quale Ministero? L’ambiente, cosa capisce uno che ha le confraternite di ambiente? Lo sa soltanto lui, ambiente!
Ho dimenticato Antonio Gentile, quest’ultimo ha un percorso simile a quello della Polidori, è stato eletto con il Pdl, ha votato la fiducia a Berlusconi, non è passato da nessuna parte a differenza della Polidori, quindi qui non fa parte di quelli premiati per avere voltato gabbana, è diventato sottosegretario al Ministero dell’economia, come un altro che tratteremo tra un attimo.
E’ un geologo di Cosenza, è un tifoso del Napoli e se non si tratta di un’omonimia, a mia memoria qualche anno fa c’era l’On. Gentile che presentò la candidatura di Berlusconi al Premio Nobel per la Pace, non so se sia lui, ma se è lui ha ricevuto la giusta ricompensa, purtroppo il Nobel per la pace a Berlusconi non gliel’hanno dato, come dubito che lo daranno all’Isola di Lampedusa visto che il nobel alle isole è considerato piuttosto bizzarro dalla giuria del Nobel, però l’importante è provarci e è andato all’economia, essendo un geologo, magari un geologo uno lo vedeva meglio all’ambiente, ma all’ambiente ci hanno messo Catone, quello delle confraternite, ma tanto chi se ne frega, non sarà mica un problema l’ambiente!
Bruno Cesario, quest’ultimo allevato da Ciriaco De Mita, quindi una garanzia, democristiano di sinistra, molte preferenze in Campania, che percorso fa? Cesario è un peripatetico della politica proprio, viene eletto con il PD, l’anno scorso esce dal PD e aderisce all’Api di Rutelli, quindi al terzo polo alleato con Fini e Casini, a quel punto cosa fa? Dopo aver votato la fiducia al Governo Berlusconi mentre l’Api votava la sfiducia, si inventa i responsabili insieme a Scilipoti e a Calearo, cosa è diventato? Sottosegretario all’economia, pure lui come il geologo, la sua competenza in fatto di economia non è particolarmente nota, non si sa, non è famoso per questo, famoso per i voti che controlla e per le manovre, quindi il povero Tremonti perso l’apporto fondamentale di Cosentino, adesso ha il geologo e il Cesario.
Aurelio Misiti, altro peripatetico meraviglioso, già democristiano, calabrese, già dipietrista, ha fatto una serie di girettini, era partito dalla C.G.I.L. università, poi era diventato Presidente del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, quindi assessore ai lavori pubblici nella Giunta Comunale di centro-destra, Chiaravalloti, nel 2006 era approdato alla Camera con l’Idv , nel 2009 era passato all’Mpa di Raffaele Lombardo, il 14 dicembre ha votato la sfiducia a Berlusconi, come l’Mpa di Lombardo, ma si è subito fatto perdonare il 3 febbraio, votando contro la Procura di Milano sull’autorizzazione a perquisire il Rag. Spinelli e questo lo ha fatto notare negli ambienti che contano, dove l’hanno messo? L’hanno messo come sottosegretario alle infrastrutture e lì non si può dire che non se ne intenda di infrastrutture perché lui si è sempre occupato di opere pubbliche, si è sempre occupato di opere pubbliche e era favorevole, per esempio, al ponte dello stretto, quindi diciamo che la competenza almeno non gli manca, quello che gli manca forse è la coerenza, visto che ha fatto tutto il giro e ormai lo sta rifacendo una seconda volta.
Riccardo Villari eletto nel PD, ve lo ricordate perché all’inizio della legislatura il centro-sinistra aveva diritto al posto di Presidente della Vigilanza RAI, bisognava metterci uno con le palle per controllare la RAI di regime, un po’ come fa il centro-destra quando ci mette gli Storace e i Landolfi, invece il centro-sinistra se li fa scegliere del centro-destra, dato che Veltroni aveva deciso che quel posto spettava all’Idv, Di Pietro ci voleva mettere non un Misiti per fortuna, ogni tanto sceglie anche qualcuno valido, voleva mettere Leo Luca Orlando, ma il centro-sinistra in parte e soprattutto al centro-destra uno combattivo come Orlando non piaceva, perché avrebbe fatto veramente la vigilanza e allora cosa hanno fatto? Si sono inventati questo Villari eletto nel PD che a disposizione ha ottenuto i voti dal centro-destra e da alcuni franchi tiratori del centro-sinistra che hanno preferito lui a Orlando, il centro-sinistra sceglie uno di centro-sinistra per fare il Presidente della vigilanza che spetta al centro-sinistra, Villari ci ha preso gusto, i leader del suo partito gli hanno detto: dimettiti perché la nostra scelta è Orlando, ma lui spalleggiato dai dalemiani, ricordate il pizzino di Nicola La Torre a Bocchino proprio a proposito di questa storia in diretta Tv su La 7, si tiene la poltrona, per mesi occupa e tiene bloccata la vigilanza, mentre intanto la RAI ne fa di tutti i colori, poi a un certo punto cosa fa? I Presidenti del Senato e della Camera intervengono per sbloccare la situazione, allora lui si dimette da Presidente della vigilanza, ma non viene eletto Orlando, viene eletto Zavoli, Villari intanto cosa fa? Un po’ di giretti, era già passato dalla DC al Partito Popolare, al Cdu di Buttiglione, all’Udeur di Mastella, alla Margherita, era arrivato al PD, poi va all’Mpa di Raffaele Lombardo, ma non è mica finita! Perché ha abbandonato anche la Mpa e è passato dove? Al Pdl, ha votato la fiducia a Berlusconi e adesso ha ottenuto finalmente la giusta mercé, sottosegretario ai beni culturali, è un uomo di cultura, no?
Frase celebre due anni fa aveva dichiarato “anche se sono stato espulso – per quello che aveva combinato in vigilanza – mi sento parte del centro-sinistra” sottosegretario del centro-destra, resta da raccontare… non resta più nessuno, li abbiamo raccontati tutti… resta da raccontare Massimo Calearo, quest’ultimo era una grande scoperta di Veltroni che nel 2008 lo candida capolista nel Veneto che Calearo porterà l’impresa, il mondo dell’impresa, delle partite Iva, era ha portato sé stesso, non comanda neanche nella sua azienda di famiglia a Vicenza, dove continua a comandare la madre, nonostante l’età, anche perché il figlio è Massimo Calearo, il quale nel frattempo ha lasciato il PD dove avere agguantato la poltrona perché gli piaceva l’Api del Rutelli, il terzo polo, poi naturalmente al momento della fiducia ha fondato con Scilipoti e Cesario il gruppo dei responsabili, si è proposto come Ministro dello sviluppo economico, ma l’hanno fregato, ci hanno messo Romani e allora cosa restava da fare? Lo strapuntino, è diventato sottosegretario con la delega che non è molto chiara perché non è proprio un sottosegretariato, è un posto di consigliere personale del Presidente del Consiglio per il commercio estero, quando era sospettato di essersi fatto comprare lui disse “beh sì offrono fino a 500 mila Euro” gli dissero, lei li prenderebbe? Lui rispose “ma quando mai, uno come me vale almeno 5 milioni” era una questione di listino prezzi.

Quanto ci costano questi signori a proposito di prezzi? Il Fatto Quotidiano ha fatto un calcolo, lo trovate su Internet e sul sito un articolo molto bello di Eduardo Di Blasi che spiega che il sottosegretario ogni anno ci costa 40.400 Euro di indennità lorda, poi ha un capo di gabinetto che ci costa 160 mila all’anno, poi deve avere due autisti per l’auto blu, una Lancia Thesys o un auto equivalente, due autisti perché fanno i turni è ovvio, 72 mila Euro l’anno, poi deve poter utilizzare il personale interno e esterno all’amministrazione e avere un suo ufficio stampa, 80 mila Euro.
Poi c’è da predisporre il suo ufficio presso il Ministero, l’ufficio del sottosegretario, totale costo per ogni sottosegretario 352.000 Euro all’anno che moltiplicato per i 9 sottosegretari, fa 3 milioni e rotti all’anno, in più se è deputato il sottosegretario prende 170 mila Euro e se è Senatore ne prende 180 mila.
Questi sono i costi che naturalmente aumenteranno ulteriormente se arriverà un’altra infornata di sottosegretari cambiando la legge, immagino che chi aveva votato il centro-destra perché si proponeva come l’anticasta, forse avrà qualche dubbio, forse potrebbe persino questo fatto far ragionare qualche leghista, visto che non c’è neanche un leghista nella nuova infornata dei sottosegretari, i leghisti chissà se si ricordano ancora di quando gridavano contro Roma ladrona perché faceva le cose che adesso fa il loro governo, passate parola, buona settimana!

Marco Travaglio (Passaparola del 9 maggio 2011)


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